Carlo Carrà. Il Novecento nel Cuore e nell'Anima.
Fino al 3 febbraio Palazzo Reale ospiterà la mostra dedicata
a Carlo Carrà, uno dei più grandi maestri del Novecento.
L’esposizione ricostruisce l’intero percorso artistico attraverso
le 7 sezioni che raccolgono 130 opere del pittore: divisionismo, futurismo,
primitivismo, metafisica, ritorno alla natura, centralità della figura, gli
ultimi anni e infine i ritratti.
Indubbiamente Carrà non ha solo partecipato alle diverse correnti
artistiche del “secolo breve” ma ne è stato anche artefice, una vita
interamente dedicata alla pittura tanto da poter affermare che ogni tappa
artistica ne scandisca la sua vita umana e privata.
Carrà e Milano sono strettamente legati. Non solo il pittore
considerava la città uno dei centri più vitali della vita artistica del ‘900:
“Che il futurismo sia sorto a Milano non è privo di significato. La metropoli
lombarda era pur sempre la città più viva d’Italia”, afferma il pittore.
Infatti tra i primi quadri in cui si evidenzia il passaggio
dal Divisionismo al nascente Futurismo, Carrà rappresenta alcune zone di
Milano, come la Stazione centrale (“Stazione a Milano”), il Teatro alla Scala
(“Uscita da teatro”), piazza Beccaria (“Notturno a piazza Beccaria”),
trasmettendo sulla tela il grande movimento che caratterizzava quei luoghi e la
vita urbana.
L’amore di Carrà per Milano è stato ampiamente
contraccambiato: non a caso questa è la terza mostra che Palazzo Reale dedica
all’artista dopo quella del 1962 e quella del 1987.
Quella del 1962 era un omaggio al maestro che pochi anni
prima, nel 1954, aveva ricevuto la medaglia d’oro di cittadino emerito e
seguiva il tributo che nel 1942, in pieno periodo bellico, la Pinacoteca di
Brera dedicava al maestro.
Ci sono voluti due anni per curare questa mostra in cui sono
stati raccolti, grazie a diversi prestiti anche internazionali e privati, molti
dei dipinti fondamentali per comprendere le poetiche di Carrà. L’esposizione,
infatti, inizia con la prima opera firmata dall’artista, risalente al 1900, e
si conclude con l’ultima tela dipinta tre giorni prima di morire il 13 aprile
1966 a Milano.
L’esposizione raccoglie opere fondamentali come “Il pino sul
mare”, “Estate”, i cartoni preparatori per gli affreschi del Tribunale di
Milano, che inizialmente vennero nascosti perché il pittore non rappresentò
alcun simbolo fascista.
Ma Carrà non rimase certo chiuso solo nella vitale Milano,
viaggiò e visse a Londra e a Parigi, entrando in contatto con le diverse
correnti artistiche che giravano in Europa. Conobbe Picasso e da lui approdò al
cubismo qui in mostra rappresentato da “La donna e l’assenzio”.
Grande importanza ebbe nello sviluppo della pittura
metafisica a cui si approcciò con un linguaggio totalmente diverso da quello di
De Chirico, con una particolare attenzione all’uso e alla creazione dei colori.
E’ a partire dagli anni Venti che il grande maestro decise
di tornare ad un contatto diretto con la natura, sentendo l’esigenza di essere
“sé stesso”, che lo porterà non solo a rappresentare le splendide marine della
Versilia o della Liguria, la laguna veneziana o le campagne lombarde, ma anche
ad un nuovo sguardo sulle nature morte.
In questo omaggio a Carrà si è voluto anche mostrare il suo
lato umano attraverso l’esposizione di riviste, documenti, foto e brani della
sua autobiografia. Inoltre si è voluto
raccontare anche lo stretto rapporto di stima e di amicizia che legò il pittore
al compositore Alfredo Casella, grande collezionista delle opere di Carrà: il
visitatore viene, infatti, accompagnato tra le tele dalle composizioni
cameristiche del musicista torinese.
Chiudono il percorso espositivo le parole di Carrà stesso:
“Insomma, la mia pittura non vuole essere né naturalista né solo mentale, pur
affermando l’esistenza dei valori di realtà e di quegli altri che ci vengono
dall’immaginazione. Se poi le mie parole a qualcuno sembrassero poco singolari,
dirò che mai mi sono proposto di fare il singolare. Di gente singolare è pieno
il mondo”.
@Stefania Cappelletti
Commenti
Posta un commento