Henri Cartier Bresson. Le sue Fotografie alla Villa Reale di Monza

“Per me, la macchina fotografica è come un block notes, uno strumento a supporto dell'intuito e della spontaneità, il padrone del momento che, in termini visivi, domanda e decide nello stesso tempo. Per "dare un senso" al mondo, bisogna sentirsi coinvolti in ciò che si inquadra nel mirino. Tale atteggiamento richiede concentrazione, disciplina mentale, sensibilità e un senso della geometria. Solo tramite un utilizzo minimale dei mezzi si può arrivare alla semplicità di espressione”.

Così Bresson raccontava il suo mestiere di fotografo chi gli domandava cosa pensasse della fotografia e dei suoi strumenti.

Una mostra monografica alla Villa Reale di Monza ne ripercorre la formidabile carriera, in un percorso di 140 scatti che racconta e indaga il Novecento, i suoi uomini e la sua storia.

Considerato uno dei pionieri del foto-giornalismo, cominciò a dedicarsi alla fotografia poco più che ventenne, da completo autodidatta e dopo aver tentato altre strade artistiche come la pittura o il cinema, è forse uno dei più importanti fotografi del Novecento.

Possiamo idealmente suddividere la sua carriera in tre grandi momenti: il primo, dal 1926 al 1935, segnato dalla vicinanza con il surrealismo e dai suoi primi grandi viaggi, tra Spagna, Italia, Germania, Polonia e Messico; il secondo, dal 1936 al 1946, caratterizzato dall’impegno politico, dal lavoro per la stampa, dall’esperienza del cinema con il film sulla Guerra civile spagnola e dall’attività durante la Seconda guerra mondiale; infine il terzo periodo, dal 1947 al 1970, con la creazione dell’agenzia fotografica Magnum Photos (fondata insieme a Robert Capa, David Seymour, George Rodger e William Vandivert), con gli ultimi grandi reportage.

I suoi scatti, puliti, sinceri, senza fronzoli, colgono con sguardo profondamente affettuoso ed umano la contemporaneità delle cose e della vita: la perfezione delle sue composizioni, spesso geometriche, altro non sono che frutto di un impareggiabile colpo d'occhio, perché, del resto “Fotografare, è riconoscere un fatto nello stesso attimo ed in una frazione di secondo e organizzare con rigore le forme percepite visivamente che esprimono questo fatto e lo significano. E’ mettere sulla stessa linea di mira la mente, lo sguardo e il cuore”.

Fino al 26 febbraio 2017


@Antonietta Usardi

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