Otto marzo, otto donne a Milano: Cristina di Belgiojoso

Ci sono donne che non si lasciano fermare e condizionare dalle persecuzioni e tantomeno dalle malelingue e continuano tenacemente a percorrere la strada che hanno intrapreso: Cristina di Belgiojoso è, senz’ombra di dubbio, una di queste magnifiche donne. 

Si dice visse cinque vite questa nobile donna milanese che nacque nel 1808 in una delle piazze storiche di Milano, nel palazzo della sua famiglia, i Trivulzio, in piazza S. Alessandro. 

Da bambina “melanconica, seria, introversa”, così timida che le accadeva spesso “di scoppiare in singhiozzi” se volevano farla parlare, Cristina Trivulzio di Belgiojoso divenne una delle donne più celebri del suo tempo, viaggiando per l’Italia, l’Europa e arrivando fino in Oriente, conversando con i più alti intelletti dell’epoca, filosofi, scrittori, politici, incontrando futuri imperatori e riuscendo a scandalizzare Alessandro Manzoni

Donna libera, temeraria, molto intelligente e affascinante, Cristina fece un matrimonio sbagliato con un marito libertino, il principe Emilio di Belgiojoso; decisa a non farsi sottomettere e umiliare dai continui tradimenti coniugali, optò per quello che noi oggi chiameremo separazione consensuale ma che in quegli anni era visto con profondo sdegno. Nonostante tutto, i due restarono ottimi amici, tanto che egli riconobbe come sua la figlia, Maria, che Cristina ebbe da François Mignet, insigne storico. 

Cristina scelse fin da giovane di non voler trascorrere la sua vita nella frivolezza e negli eventi mondani e si interessò subito delle questioni politiche del suo tempo, appoggiando i fermenti rivoluzionari, aspirando ad una repubblica sul modello francese: non si limitò a sostenere economicamente il movimento, ma riuscì persino ad arruolare gruppo di volontari, riuniti nella “Divisione Belgiojoso”, che portò fino a Milano nel 1848, giungendo pochi giorni dopo le famose “Cinque giornate”. 

Si rifugiò a Parigi per sottrarsi alla persecuzione austriaca e, qui, colse l’occasione per partecipare alle riunioni dei sansimoniani e studiare le teorie fourieriste; tornata nei suoi possedimenti a Locate, davanti alla povertà, all’ignoranza e alle malattie dei contadini del luogo, decise di applicare subito delle riforme, ispirate alle teorie utopistiche appena apprese: istituì asili per bambini, scuole maschili e femminili, scuole professionali e scuole tecniche agrarie, e stabilì forme di previdenza e d’associazionismo per i contadini, creando le primissime basi per il sindacalismo. Manzoni, che già le aveva proibito di porgere l’ultimo saluto a Giulia Beccaria, sua madre, perché la riteneva troppo scandalosa per entrare nella sua abitazione, quando fu informato delle azioni filantropiche di Cristina esclamò: “ma se ora i figli dei contadini vanno a scuola, chi coltiverà i nostri campi?” 

Al contrario, il famoso pedagogista Ferrante Apporti apprezzò notevolmente le misure riformatrici di Cristina Belgiojoso

Non paga, ma sempre in pieno fermento, decise di rilevare una rivista patriottica, la “Gazzetta italiana”, in difficoltà economiche, e, cambiatole il nome in “Ausonio”, la diresse sul modello della celebre “Revue de Deux Mondes”; pubblicò, inoltre, alcune sue opere, tra cui le traduzioni in francese delle “Opere” di Vico, suscitando ulteriore scandalo per aver osato, lei donna, trattare di teologia. 

Cristina di Belgiojoso non fu certo una donna che si limitava alle parole, ma visse in prima linea le sue scelte, spostandosi per tutta l’Italia e in Europa, e arrivando ad accudire negli ospedali i patrioti della Repubblica Romana; proprio questa esperienza le suggerì un nuovo progetto: ispirandosi alle “dame della crociera” della Ca’ Granda, pensò ad un gruppo di donne laiche che fossero a disposizione dei malati e chiamò a sé non solo dame e donne borghesi, ma anche prostitute, suscitando di nuovo scalpore, soprattutto negli ambienti papali. 

Delusa dalla situazione italiana stabilì di partire ed iniziare una nuova vita in Cappadocia, dove applicò le stesse riforme sociali che aveva già sperimentato a Locate, ampliandole ai contadini turchi. 

Ma per un animo così pieno di interessi, di curiosità e di volontà di conoscenza, non era sufficiente restare immobile in un posto: Cristina decise di partire per la Terra Santa, attraversando la Turchia, l’Anatolia, la Siria, il Libano e la Palestina, scrivendo numerosi articoli in cui denunciava le tristi condizioni di vita di quelle popolazioni e specialmente delle donne, obbligate all’ignoranza, abbandonate ad una vita pigra e stupida. 

Cristina rientrò in Italia solo nel 1855 e solo dopo la proclamazione dell’Unità d’Italia abbandonerà la scena e la lotta politica, ritirandosi a vivere tra Milano, Locate e Como fino alla sua morte nel 1871. 

@Stefania Cappelletti

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